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Referente TeatroGiovani:
Gabriella De Santis
tel. 0481.532317

SiparioSCUOLA | ore 9.30

martedì 13 marzo 2018

ALAN E IL MARE

testo e regia Giuliano Scarpinato
assistente alla drammaturgia Gioia Salvatori
con Michele Degirolamo, Federico Brugnone
in video Elena Aimone
scene Diana Ciufo
videoproiezioni Daniele Salaris
costumi Giuliano Scarpinato
luci
Danilo Facco
produzione CSS Teatro stabile di innovazione del FVG, Accademia Perduta Romagna Teatri

tecniche di rappresentazione teatro d’attore, videoproiezioni

età consigliata da 11 anni

durata: 60 minuti circa

Alan e suo padre Abdullah lasciano una notte il loro paese, in Siria, dove la guerra sta portando via le scuole, le case, gli alberi; salgono su una barchetta sgangherata e colma d’anime, per arrivare molto lontano.
Ma quella notte una grande onda rovescia la barchetta, come fosse di carta: Alan scivola via dalle braccia forti di suo padre, cade giù dentro il mare profondo. Lì diventa fratello delle alghe, dei coralli, dell’anemone colorato: un bambino – pesce, che da quel momento appartiene all’acqua, per sempre.

Da quel giorno, Abdullah torna sempre alla stessa ora davanti al mare che ha preso Alan, per portargli i fiori più belli. Prega per il suo bimbo, prega forte: e così un mattino, all’alba, Alan lo sente, ed esce fuori dalle onde per abbracciare il babbo. Solo per pochi minuti però: quando il mare scandisce il suo rintocco, Alan deve tornare indietro.
Così il giorno dopo, e poi ancora l’altro; ma ad Abdullah non bastano pochi minuti, non vuole vivere senza il suo bambino. Decide di andare da lui, entrare nel mare; Alan lo prende per mano e lo guida nella sua nuova casa. Lì, ancora una volta, Abdullah potrà restare solo per poco tempo; lui non appartiene al mare, ma alla terra, ed è là, gli sussurra all’orecchio il suo bimbo speciale, che dovrà continuare a vivere ed essere felice.


Raccontare l’indicibile: la storia del piccolo profugo siriano Alan Kurdi.

“Nothing’s real to some people unless they’ve got photographs” scrive Kurt Vonnegut in Happy birthday Wanda June.
La storia di Alan Kurdi, il piccolo profugo siriano annegato a settembre 2015 sulla spiaggia di Bodrum, in Turchia, ha costituito un momento di svolta nella nostra percezione, ormai da tempo “anestetizzata”, dell’epopea vissuta dai milioni di uomini, donne e bambini fuggiti dai propri paesi per approdare in Europa. L’immagine di Alan, potente e ineludibile, è un punto di non ritorno: lo è stata per Nilufer Demir, la fotoreporter che ha scattato la foto-simbolo (“Ero
pietrificata. L’unica cosa che potevo fare era fare in modo che il suo grido fosse sentito da tutti”, ha dichiarato); lo è stata, oltre ogni misura di umana sofferenza, per il padre del bimbo , Abdullah al – Kurdi.
Nel momento stesso in cui quell’immagine si imponeva ai miei occhi per mezzo di un telegiornale in prima serata, una domanda iniziava ad abitarmi: come raccontare tutto ciò a dei bambini, magari poco più grandi di quello annegato sulla costa di Bodrum?
Come dire l’indicibile?
Da qualche anno ho intrapreso un percorso di ricerca nel delicato ambito del teatro per le nuove generazioni, con il desiderio di portare all’attenzione dei più giovani temi difficili, complessi, che sfuggono a soluzioni semplici e necessariamente edificanti.
Ho un’opinione molto alta e nobile dei miei giovani spettatori, da sempre capaci di sorprendermi con la loro sensibilità ed intelligenza. Ecco perché credo sia possibile, nonostante la dolorosa vicinanza temporale con quanto è accaduto, provare a raccontar loro in teatro la storia di Alan.


Modalità di realizzazione: parole, racconto, immagini

Impossibile prescindere, per raccontare una storia così recente, dalle testimonianze reali dei suoi protagonisti: i racconti di Abdullah Kurdi e Nilufer Demir sono stati una preziosa risorsa, insieme ad un’ulteriore quantità di altri, incredibili racconti di giovanissimi profughi. La veridicità della narrazione risulta per me imprescindibile in un lavoro che vuole anche essere un tributo alla storia di persone realmente esistite.
Ma il teatro ha delle possibilità in più rispetto a quelle della cronaca: sono quelle del sogno, della trasfigurazione, che rendono possibile far lievitare il cuore doloroso delle cose, amplificare la vicenda di uno e farla diventare quella di molti.
Se la storia di Alan rimanesse solo sua, raccontarla sarebbe inutile.
Ecco quindi che alle parole, alla vita narrata, si aggiungono le immagini, e la vita “immaginata”: proiezioni realizzate in videomapping daranno vita a sogni, aspettative, desideri. Non solo: porteranno in scena il luogo da cui la voce e la presenza di Alan giungeranno, una sorta di Atlantide, piccolo Eden subacqueo tra le cui spume, sabbie, coralli la piccola esistenza del bambino è rimasta impigliata.
Allo spettatore, giovane o adulto, spetterà il compito di raccoglierla, quell’esistenza; come porgendo l’orecchio ad una conchiglia per sentire, in qualsiasi luogo ci si trovi, il lontano rumore del mare.
note di Giuliano Scarpinato

TRAILER VIDEO:

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