“InduRiti – Tracce teatrali sui maschi adolescenti” E’ una performance che indaga i riti degli adolescenti maschi, oggi costantemente su un palcoscenico sociale, per metterli a fuoco nello spazio del teatro.
E’ la prima volta che sperimentate la pratica della residenza artistica? Come definireste in poche parole quella di Artefici?
Quella a Gorizia è stata per noi la quarta esperienza di residenza artistica, la seconda fuori dal territorio bergamasco. Questa pratica, come da voi giustamente definita, è per noi fondamentale poiché ci permette di usufruire di spazi fisici e temporali di ricerca artistica e di emersione tematica.
Il periodo di residenza che abbiamo vissuto grazie al bando Artefici ci ha permesso, ad esempio, di sviluppare un primo studio di quello che speriamo diventerà il nostro prossimo spettacolo. Questo importante risultato è stato ottenuto grazie all’attento e acuto lavoro del tutor della residenza e al bagaglio emotivo, testuale e tematico che la Compagnia ha ormai fatto suo, grazie ad una riflessione continua in merito ad alcune tematiche che, pur sotto nuova luce, sono state toccate anche in questa prima restituzione al pubblico.
Vi sono alcuni aspetti che hanno reso particolare questa esperienza rispetto a quelle precedenti. Anzitutto, a Gorizia la Compagnia ha lavorato per la prima volta in versione “ridotta”, dal momento che sfortunatamente alcuni dei membri non hanno potuto partecipare. In secondo luogo, è stata la prima occasione per aprirsi ad una figura esterna nel ruolo di regista “tutor”.
Nella performance “InduRiti – tracce teatrali sui maschi adolescenti” affrontate il tema dei riti di passaggio, in particolare la “soglia” che ciascuno è chiamato ad attraversare. Come mai questa tematica, quali opportunità di indagine vi offre?
Da quando abbiamo iniziato ad interrogarci sull’identità di genere, e in particolare sul maschile e sui maschili, il tema dei riti di passaggio è centrale nei nostri lavori e nella nostra ricerca. Il genere, infatti, è un aspetto centrale della costruzione dell’identità, e in quanto tale è attraversato da processi che lo determinano e lo legittimano. In questo senso in adolescenza l’appartenenza o non appartenenza ai modelli eletti di maschile e femminile ricopre un ruolo fondamentale: ci si identifica e discosta rispetto ad una norma, e da qui derivano molti aspetti essenziali, come l’autostima e la capacità di creare relazioni. Abbiamo quindi scelto di affrontare con una lente di ingrandimento il tema dei riti di passaggio in adolescenza, in particolare per gli adolescenti maschi, provando a chiederci quali comportamenti vengano messi in atto per definirsi (o discostarsi) in quanto maschi a quell’età.
È un ambito di ricerca molto ampio, che porta con sé diverse domande: chi sono i guardiani, coloro che decidono che qualcuno possa o non possa varcare la soglia? Come affronto la mia paura di fronte alla soglia? Cosa si aspettano gli altri da me in quanto ragazzo che deve diventare uomo, e che racconto costruisco io per non deludere le aspettative che hanno gli altri verso di me e io verso me stesso?
C’è un passaggio di “Risveglio di primavera” di Wedekind, testo che ci ha accompagnato durante la residenza, che è molto significativo rispetto alle domande che ci stiamo ponendo, dove Moritz, uno dei ragazzi protagonisti dell’opera, esprime in poche parole il senso di inadeguatezza lo pervade: “Non dirò a nessuno che torno senza aver combinato niente. Fingerò di aver partecipato a tutto”.
I vostri principali destinatari sono gli adolescenti, solo maschi o anche femmine?
I nostri principali destinatari sono adolescenti sia maschi che femmine. Per quanto la nostra ricerca sia incentrata sul maschile, i nostri lavori parlano a tutti e tutte, in quanto anche chi non è maschio conosce almeno un maschio, o può riconoscere una parte di sé in quello che raccontiamo, maschio o femmina che sia.
Non serve essere maschi per riflettere sul maschile, il pensiero critico appartiene e deve appartenere a tutti/e.
Gli adolescenti sono in qualche misura già presenti nel lavoro che avete iniziato in residenza oppure siete partiti da voi e dalla vostra personale esperienza?
Quando ci siamo trovati per elaborare un progetto da proporre all’interno di questo bando di Residenza, era per noi chiara l’esigenza di coinvolgere nel lavoro coloro che in prima persona vivono quella particolare età che avremmo voluto indagare artisticamente. In un primo momento, abbiamo pensato potesse essere interessante concepire dei momenti di laboratorio teatrale con adolescenti all’interno della residenza stessa, ma questo si è poi rivelato complicato per una serie di fattori logistici e organizzativi.
Abbiamo quindi capito che, almeno in questa prima parte del lavoro, era forse più utile partire da un dato personale, sfruttando il tema dell’adolescenza come fosse una potente metafora per esplorare una complessità di sentimenti e situazioni che, in realtà, appartengono un po’ a tutte le età. Questo non significa che, in una seconda fase, questo progetto non si possa arricchire di un incontro diretto e in prima persona con gruppi di adolescenti, anzi. L’idea originaria di coinvolgerli attivamente rimane come interessante stimolo per la futura ricerca e composizione del nostro lavoro.
Avete fatto o fate delle scoperte attraverso la realtà di Figli maschi?
Continuiamo a fare delle scoperte attraverso Figli Maschi, e questo è uno dei principali carburanti che alimentano il nostro motore. Abbiamo scoperto che c’è un grande bisogno di incontrare nuovi racconti del maschile, andando a scavare in zone che spesso non vengono rappresentate e indagate: uomini e donne, ragazze e ragazzi partecipano a queste narrazioni in modo diverso, ci leggono aspetti particolari, ma tutti si trovano di fronte a delle piccole rivelazioni. Noi per primi, nel nostro percorso, scopriamo dentro di noi aspetti inediti, nuove identità, nuove possibilità, e questo ci sembra un buon motivo per continuare a ricercare: provare a tradurre in atti artistici le complessità dell’umano.
*Compagnia Figli maschi nasce a Bergamo a Novembre 2014, quando otto ragazzi tra i 19 e i 25 anni, con esperienze diverse nel mondo del teatro, decidono di riunirsi per dare vita a uno spazio di ricerca umana ed artistica sul tema delle identità di genere, in particolare sul maschile e sui maschili. A partire dalle proprie autobiografie il gruppo si racconta, provando a tracciare le linee che racchiudono e si spezzano rispetto all’appartenenza di genere di ognuno, indagandone i confini, i limiti, le possibilità, le differenze e le appartenenze rispetto a una norma. Lo spazio che si crea è quello di un vero e proprio laboratorio umano e teatrale.