In “Supernova” L’universo degli uomini si rispecchia nelle dinamiche dei corpi celesti e l’immagine di un’esplosione stellare estremamente energetica, la supernova, diventa la metafora di una famiglia.
E’ la prima volta che sperimentate la pratica della residenza artistica? Come definireste quella di Artefici?
Sì, è la prima volta che come compagnia affrontiamo un percorso di residenza per un periodo così lungo e con una tale intensità. In genere, il nostro lavoro richiede molte prove per lunghi periodi di tempo e laddove non c’è disponibilità di spazi può capitare di perdere continuità. La dimensione della residenza invece permette di concentrare il lavoro in un periodo definito permettendo una sperimentazione quotidiana e costante sulle nostre possibilità attoriali e creative, senza preoccupazioni.
Artefici ha creato le condizioni giuste per poter lavorare bene, mettendo a disposizione spazi ben attrezzati e un supporto totale dal punto di vista tecnico e organizzativo, ma anche artistico. La squadra di Artefici ci ha accompagnato e sostenuto per l’intero periodo di residenza, rendendo questa esperienza proficua dal punto di vista delle possibilità lavorative e degli incontri umani.
In Supernova indagate le dinamiche familiari, correlate a quelle dei corpi celesti. Perché la scelta di questa tematica?
L’immagine della Supernova è stata il punto di partenza della nostra ricerca drammaturgica e faro costante in ogni fase del percorso. Ci è sembrato, sin da subito, che la metafora dell’esplosione stellare esemplificasse in maniera potente il ciclo vitale di un nucleo familiare che, a sua volta, è nucleo e metafora di qualsiasi altra struttura sociale. L’universo degli uomini, ed è questa la suggestione, può in qualche modo rispecchiarsi nelle dinamiche dei corpi celesti trovando nel cosmo e nelle sue meccaniche, apparentemente lontane da ogni passione, una sorta di correlativo oggettivo.
Il vostro lavoro si fonda sulla sperimentazione di una drammaturgia contemporanea, in particolare attraverso la pratica dell’improvvisazione. Potete raccontarci qualcosa di più sul vostro percorso di ricerca?
Lavoriamo registrando il nostro lavoro giorno per giorno, per poi analizzare il materiale e riscriverlo in drammaturgia. Ogni giorno il lavoro viene rimodulato e inserito in nuove sessioni di lavoro in scena. La pratica dell’improvvisazione alternata al momento della riflessione e della scrittura permette di dare concretezza alla ricerca e alle immagini, offrendo la libertà e l’opportunità di stupirsi di sé, dei propri compagni e delle diverse possibilità sceniche che non si erano immaginate. Anche nei momenti di crisi e di stanchezza, la pratica costante della scena attraverso il lavoro di improvvisazione permette una rigenerazione dei percorsi creativi e quindi nuove strade da sperimentare.
La scelta di non inserire alcuna musica in Supernova quali opportunità apre a voi e al pubblico?
Il lavoro è sempre stato accompagnato dalle musiche sia in fase preparatoria che in fase di montaggio. A un certo punto si è deciso di affrontarlo senza l’aiuto delle musiche, privandoci del loro supporto ritmico ed emotivo. Ci siamo resi conto che così facendo si poteva ridare dignità di colonna sonora ai corpi degli attori, chiamati a colmare il vuoto creato dall’assenza della melodia. Il pubblico si trova di fronte uno spettacolo sostenuto solo dalla tensione e dai ritmi recitativi. L’idea è quella di creare una tensione ritmica e melodica creata solamente dalle voci e dai corpi, dai respiri e dai silenzi.
Avete fatto delle scoperte inattese attraverso questa residenza?
La scoperta più inattesa è stato rendersi conto che tutto ciò che per noi era irrinunciabile nel lavoro poteva essere messo in discussione. Siamo arrivati in residenza con delle convinzioni e dei punti fermi che sono stati completamente travolti in quindici giorni di percorso. Abbiamo rimesso in discussione ogni aspetto del lavoro ed anche le nostre certezze individuali e di gruppo. Togliere per puntare alla semplicità, in fin dei conti, è stata la scoperta più interessante e inattesa.
*Compagnia I Pesci è composta da artisti con formazioni ed esperienze diverse ma con una visione in comune: lo sviluppo di una forma scenica, un codice teatrale, che abbia al centro di ogni sperimentazione il performer in tutte le sue possibilità, sia espressive che autoriali. Con ‘Supernova’ I Pesci intendono forzare ulteriormente i confini del proprio campo d’indagine puntando verso la costruzione di una drammaturgia fisica e verbale creata interamente tramite le improvvisazioni degli attori.