
Non è la prima volta che sperimenti la pratica della residenza artistica, come definiresti quella di Artefici?
Per artisti freelance come me, la pratica della residenza è consueta ed estremamente importante per realizzare le proprie creazioni. La residenza di Artefici mi ha particolarmente colpito per la professionalità degli spazi, adatti alla realizzazione di performance che richiedono spazi ampi e tecnicamente adeguati. La disponibilità dello staff, da quello tecnico a quello organizzativo e amministrativo è unica nel suo genere, sempre attento alle esigenze artistiche di ogni tipo.
In questo lavoro affronti il tema delle dipendenze che ostacolano l’amore, dipendenze di varia natura. Puoi raccontarci qualcosa di più sulle tematiche del progetto, su questi “paradisi artificiali”?
La problematica delle dipendenze è qualcosa di estremamente attuale, molto spesso si tratta di dipendenze non così facilmente riconoscibili, in quanto non legate a qualcosa di esterno, ma a modalità interne, schemi di pensiero in cui restiamo imbrogliati. Galimberti parla spesso di nuovi vizi e di tendenze collettive dalle quali è impossibile sottrarsi. Bauman parla invece di una società liquida, che vive i sentimenti come merce, come oggetti da utilizzare e da sostituire anche prima del proprio reale consumo. Il risultato è una società sempre più infelice che cerca un appagamento tramite rapporti di consumo, che ci rendono ancora più infelici. Mi sembrano tematiche importanti da scardinare e che possono diventare un forte input di partenza per la realizzazione di un lavoro metafisico connotato da una serie di paesaggi visivi in continua mutazione.
Come si sta sviluppando il processo creativo e di ricerca di questo progetto: quali pratiche stai mettendo in gioco nell’ambito performativo, ma anche nell’ambito della ricerca?
Le pratiche di realizzazione sono molteplici, innanzitutto ho cercato di rendere le performer parte integrante nel progetto, in modo che possano essere realmente partecipi dei valori messi in campo. Ho condiviso con loro molto materiale fotografico e letterario. Poi, tramite pratiche che preparano il corpo e pratiche di partecipazione differenti, abbiamo lavorato sia sull’improvvisazione che sulla costruzione di immagini nate dal lavoro di ricerca precedentemente condotto.
Che ruolo hanno le persone con cui lavori (danzatrici e tutor) nello sviluppo dell’idea?
Il ruolo delle danzatrici, la loro fisicità e la loro personalità diventa il veicolo principale di traduzione delle pratiche proposte, insostituibili in quanto medium tramite cui l’opero stessa viene forgiata. Il tutor, in quanto figura non emotivamente coinvolta nel processo, ha il ruolo di scardinare decodificare e indurre nuovi processi di pensiero legati all’opera che si sta realizzando.
Hai fatto delle scoperte inattese attraverso questa residenza?
Molte sono state le suggestioni inaspettate, lascio sempre un grande spazio all’imprevisto e proprio per questo un buono luogo dove poter ricercare è di vitale importanza nella fase di creazione.
Ringrazio di cuore ArtisticiAssociati, la loro partecipazione è stata così previdenziale, la loro professionalità, umanità e amore per questo lavoro hanno profondamente nutrito LOVE | Paradisi Artificiali.
Foto di Giovanni Chiarot


