Intervista a Massimo Di Michele – Artefici 2019 Giuditta “Un distacco dal corpo” di Howard Barker

Periodo di residenza dal 26/8 al 9/9 e 13-14/11/19 

di Howard Barker
traduzione: Enrico Luttmann
regia: Massimo Di Michele
con: Federica Rosellini, Aurora Cimino, Giuseppe Sartori

costumi: Alessandro Lai
scrittura gestuale: Francesca Zaccaria
musiche: Stefano Libertini Protopapa
disegno luci: Emanuele Lepore

1) È la prima volta che sperimenti la pratica della residenza artistica? Come defini- resti quella di Artefici?

Sì, è la mia prima volta. Penso che si tratti di una grande opportunità di studio e di ricerca. Il vero valore aggiunto di un’esperienza simile è il grado di interazione che si riesce a raggiungere tra gli addetti ai lavori. Si vive e si respira con gli attori, si condividono spazi, pause, una specie di full-immersion. In questo contenitore è possibile maturare consapevolezze, definire linee di lavoro condivise, si dà allo spettacolo una dimensione pervasiva che travalica lo spazio circoscritto del palcoscenico e riempie ogni momento della giornata.

Artefici è stata un’esperienza straordinaria. Abbiamo avuto un intero teatro a nostra disposizione e tecnici che ci hanno aiutato ed assistito con professionalità assoluta. Senza parlare della loro gentilezza.

2) La storia di Giuditta è affascinante, senza tempo, capace di parlare a genera- zioni ed epoche storiche differenti. Cos’ha detto a te questa storia? Quali sono gli elementi che ti hanno colpito/emozionato spingendoti a sceglierla?

Al di là della storia, che già conoscevo perché è stata più volte ispirazione per artisti come Mantegna, Caravaggio e Klimt, ciò che mi ha affascinato è stato il linguaggio. Nei miei lavori la parola riveste un ruolo primario. Barker usa una lingua musicale e dinamica, piena di ritmo. Allo stesso tempo, la complessità dei dialoghi, la “vorticosità” di una narrazione che non è mai lineare o scontata, rappresentavano una sfida allettante. È stato questo lo spunto che mi ha convinto a scegliere questo testo che ho trovato perfetto per uno spazio di sperimentazione come Artefici.

3) Lo spettacolo è coinvolgente, i dialoghi complessi dischiudono nello spettatore infinite aperture di senso, i personaggi si muovono sulla scena ad un ritmo ina- spettato. Puoi raccontarci che tipo di pratiche (teatrali e non) hai adottato per riuscire a restituire questa carica emotiva, questo ritmo che coinvolge e cattura chi guarda?

Non si tratta di ricorrere a pratiche o metodi specifici. Credo che il modo vincente per rapportarsi ad un testo teatrale sia di farlo con umiltà. Con questo spirito, mi sono messo in “ascolto” del testo, cercando di assecondare quello che esso stesso suggerisce. Provando, in qualche modo, a tirar fuori tutto il potenziale espressivo che Barker ci ha messo dentro. La storia è complessa e densa, ho cercato di avvicinarmici assecondandone la dimensione intima ed onirica. E sostituendo quando

necessario la parola con il gesto, con lo sguardo rivolto al teatro-danza. Per trasportare Giuditta in una dimensione plastica che unisse la potenza della parola all’energia del corpo.

4) In sole due settimane avete messo in piedi uno spettacolo complesso e con al- cuni vi misuravate insieme per la prima volta. Come hai scelto gli attori con cui lavorare e come hai impostato il lavoro con loro?

Questo è il quarto spettacolo che faccio con Federica Rosellini. Siamo legati da una profonda complicità oltre che da una incredibile stima e affetto. Sul palcoscenico abbiamo una intesa perfetta, intuisce al volo le mie intenzioni e le restituisce in modo ineccepibile.

Aurora Cimino mi ha colpito per la sua fisicità, è suo il volto che avevo immaginato per il personaggio della serva.
Giuseppe Sartori è un attore che seguo da anni e che ho sempre stimato. L’ho scelto per il suo talento, la forza fisica e il suo grande temperamento. Ha fatto un lavoro incredibile sulla parola e sulla fisicità, sono molto soddisfatto. Con Federica è riuscito ad entrare in una intesa sorprendente, hanno dato prova di grande affinità, grande ascolto. Insieme “suonavano” benissimo.

5) Hai fatto delle scoperte inattese attraverso questa residenza?

Ho scoperto che una sfida ardua come quella di preparare in due sole settimane uno spettacolo di un’ora e mezza può essere vinta. Basta ascoltarsi, focalizzare gli sforzi. Profondere impegno e amore per il teatro. Non perdere di vista lo sforzo di ricerca e la curiosità nello sperimentare. Più che una scoperta, una riscoperta.

FOTO DI SCENA GIOVANNI CHIAROT

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Laura Pizzini